Grecia e Roma sono le patrie di quella che potremmo definire una prima versione della cucina nazionale attuale. Il contatto tra queste due antiche e gloriose civiltà è stato pressoché totale e ha fatto sì che la seconda dipendesse molto dalla prima a livello culturale.
L’antica Grecia sviluppa abitudini alimentari via via più complesse in parallelo all’evolversi della raffinatezza della sua cultura: da pasti poveri e frugali, si arriva a un’alimentazione abbondante e saporita. La nobiltà consuma carne alla brace, legumi e verdure; il popolo pesce e verdure. Posto d’onore a tavola per i formaggi, soprattutto quelli di capra: i Greci erano maestri nell’arte della pastorizia.
I pasti erano accompagnati dall’idromele, una bevanda ottenuta dalla fermentazione del miele con aggiunta di acqua, o dal vino annacquato; la coltivazione della vite è attestata a partire dal 2000 a.C. sull’isola di Creta.
La cucina dell’antica Roma ha nei cereali il proprio alimento di base. Dalla farina di grano ottengono facilmente il puls, una sorta di polenta ricavata dalla bollitura del grano a cui vengono aggiunti sale o, nelle varianti più saporite, miele, uova e formaggio. L’alimento più diffuso è invece il pane, chiamato panis quadratus: in tarda età imperiale viene prodotto su scala industriale nella forma di una pagnotta circolare.
Una delle specialità romane era poi il garum di pesce, una salsa preparata con le interiora di pesce fermentate per mesi. I Romani adoravano questa ricetta tanto da considerarla una vera e propria prelibatezza; più il pesce era pregiato, più essa diventava gustosa. Veniva arricchita con spezie ed erbe.
La Roma imperiale è famosa anche per come venivano consumati i pasti: il cibo veniva servito su una tavola posta al centro di una stanza chiamata triclinio, le cui pareti erano decorate con affreschi e mosaici.